venerdì, Aprile 19 2024

Le considerazioni svolte finora per l’Italia possono, a nostro avviso, con le debite differenze, valere anche per la Romania. Come l’Italia e più dell’Italia, la Romania soffre di una consistente emigrazione, di una classe dirigente spesso inadeguata, quando non espressamente corrotta, di un sistema economico e produttivo in grave sofferenza, di un rapido invecchiamento della popolazione residente. Analogamente all’Italia, da qualche anno, è anche interessata da flussi immigratori. Come l’Italia, dovrà reinventare il proprio sistema produttivo, improntandolo ad una seria transizione ecologica e dovrà essere in grado di accedere ai fondi del NextGenerationEU, facendo però i conti con una popolazione in età lavorativa sempre più esigua. Ma soprattutto, come l’Italia, dovrà immaginare un modello di società più aperta, in grado di consentire a chi è stato costretto ad emigrare, se lo vuole e se ce ne saranno le condizioni, di rientrare nel proprio Paese, di accogliere chi volesse in Romania costruire il proprio futuro, contribuendo così alla rinascita dell’economia nazionale. Nei momenti di crisi come questo, che l’intera umanità sta vivendo, la tentazione è di chiudersi in sé stessi, di considerare la propria comunità, il proprio Paese un luogo rassicurante da difendere dai pericoli esterni. Ma proprio questa crisi ci ha insegnato che questo non è possibile e anzi solo la collaborazione tra popoli consentirà di controllare la diffusione del virus e di immaginare un “nuovo inizio”. Il futuro non sopporterà egoismi identitari esclusivisti, non potrà vedere “piccole patrie” impegnate a difendere i propri confini da nemici immaginari, perché presto si tramuterebbero in Paesi asfittici, privi di vita.

La realizzazione, in pochi mesi, del vaccino contro il COVID 19 è stato il frutto del lavoro di gruppi di ricerca composti da scienziati provenienti da ogni parte del mondo, dall’incontro e dalla collaborazione tra persone di diversa etnia, di patrie di appartenenza diverse, di cultura, lingua, religione diverse che, lavorando insieme e portando ciascuna il proprio specifico contributo, sono riuscite, per la prima volta nella storia, ad elaborare e testare un vaccino in pochi mesi.

Questa capacità di rendere le diversità patrimonio e ricchezza comune deve essere il faro guida del “nuovo inizio”, al quale tutti ci apprestiamo e guardiamo con fiducia.

La sfida che ci attende, dunque, è di saper immaginare e costruire società inclusive, aperte alla circolazione vitale di energie creative, di idee e di persone disposte a mettersi in gioco e a spendersi per il proprio Paese di nascita o di adozione, società nelle quali la diversità non è considerata un problema, bensì un agente moltiplicatore di sviluppo e progresso, perché solo così potranno essere società che guardano al futuro con coraggio e con fiducia.

Sono certo che l’Italia e la Romania, questa sfida, forti della “vicinanza dell’anima” che le contraddistingue, sapranno raccoglierla e vincerla.

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