nomadismo
Il “Quartiere degli zingari” a Roma: il Rione Monti
L’articolo ripercorre la storica presenza degli zingari a Roma, focalizzandosi sul Rione Monti, tradizionalmente noto come “quartiere degli zingari”. Attraverso un’analisi delle fonti d’archivio, come i Libri Status Animarum, si evidenziano le tre fasi del rapporto con le autorità (accoglienza, repressione, assimilazione forzata) e il progressivo passaggio da una vita nomade ad una stanziale, concentrata nell’area del Rione Monti. Con il mutamento urbano seguito all’Unità d’Italia nel 1870, l’assetto sociale e territoriale cambiò radicalmente, influenzando anche la distribuzione e le attività degli zingari, che esercitavano mestieri artigianali e commerciali in quella zona.
Luci e ombre dell’editto Barberini sull’assimilazione forzata degli zingari.
L’articolo analizza gli effetti dell’editto emanato dal Cardinale Francesco Barberini nel 1631, che trasformò la questione della presenza degli zingari nello Stato della Chiesa da problema di ordine pubblico a questione pastorale. Viene evidenziata l’intenzione di favorirne l’assimilazione attraverso iniziative missionarie simili a quelle già attuate per altre minoranze religiose. Tuttavia, non tutti i progetti ebbero successo, e i documenti processuali mostrano la resistenza di gruppi nomadi, in contrasto con i nuclei familiari urbani più inclini alla sedentarizzazione. Questa tensione tra nomadismo e sedentarietà, emersa già nel XVII secolo, caratterizza la complessità dell’integrazione degli zingari a Roma, un tema ancora rilevante oggi.
Dal rifiuto all’assimilazione forzata: gli zingari in Italia nel 1600.
Nel contesto dell’Italia del XVI e XVII secolo, le politiche nei confronti degli zingari mutarono radicalmente: dalle rigide disposizioni emesse da Papa Pio V nel 1566, che imponevano il divieto assoluto di ingresso e soggiorno e severe pene corporali, si passò gradualmente a una strategia di assimilazione forzata. Quest’ultima, sancita in modo definitivo dall’editto del 1631 del Cardinale Francesco Barberini, mirava a integrare gli zingari nella società cristiana, incoraggiandone l’abbandono dei costumi nomadi e l’assunzione di un “bene vivere” conforme ai dettami religiosi e sociali del tempo.
La presenza degli zingari in Italia tra 1400 e 1500
Nel XV secolo gli zingari giunsero in Italia presentandosi come pellegrini sedentari costretti a vagabondare. Inizialmente accolti con benevolenza, suscitarono progressivamente sospetti a causa di frodi, abusi e pratiche magiche, tanto che le autorità civili ed ecclesiastiche introdussero provvedimenti sempre più severi. Dal Legato pontificio a Bologna fino al Governatore di Roma nel 1552, la percezione della presenza zingara passò da ospitalità caritatevole a sorveglianza e repressione, sancendo il legame tra nomadismo e delinquenza.