lunedì, Aprile 28 2025

Fino alla loro comparsa in Italia, nei primi decenni del millequattrocento, gli zingari, nascosero il loro nomadismo sottolineando viceversa le proprie origini sedentarie e la natura accidentale ed espiativa del loro vagabondare, certi così di accattivarsi la simpatia e l’accoglienza benevola delle popolazioni che incontravano lungo il loro cammino. Certo, alla lunga, questo approfittarsi dell’ingenuità, mista spesso a ignoranza, della popolazione per carpire la sua benevolenza, irritò non poco i ceti dirigenti facendo mutare quella naturale attitudine, di impronta medioevale, all’accoglienza caritatevole del povero e dell’emarginato, in un atteggiamento più vigile e sospettoso nei confronti di queste popolazioni nomadi. D’altro canto, la stessa cultura medioevale distingueva tra poveri veri e poveri falsi per cui, mentre sopravviveva nella cultura dell’epoca l’etica cristiana dell’elemosina, del dare ai poveri, del sovvenire ai bisogni divenuta comandamento morale, strumento di redenzione, tecnica di salvezza dell’anima, viceversa la stessa cultura metteva in guardia dall’arte dei “capziosi raggiri di poltronieri errabondi e coreografie religiose e sacerdotali per sorprendere l’ingenua religiosità popolare” condannandola senza appello come “colossale impianto a delinquere”. Se dunque le prime carovane di zingari poterono avvalersi di questo diffuso clima di benevola, caritatevole accoglienza, ben presto le autorità civili ed ecclesiastiche si trovarono a dover gestire un problema di ordine pubblico tanto più che gli zingari, colpevoli di abusi e eccessi, giustificavano le proprie azioni fraudolente con il citato salvacondotto concesso loro dal Re di Ungheria che li avrebbe autorizzati a “rubare il necessario per la sopravvivenza durante il pellegrinaggio”.

Da questi fatti, aggravati dall’esercizio di arti magiche e divinatorie, scaturiscono reazioni come quella del Legato pontificio a Bologna, Cardinale Alfonso di Sant’Elia, costretto a emanare una scomunica nei confronti di chi avesse familiarizzato con gli zingari. Diversi furono i provvedimenti analoghi emanati nelle province dello Stato della Chiesa anche se bisognerà attendere il 1552 perché il Governatore di Roma, Girolamo De Rossi, che amministrava l’Urbe in nome di Papa Giulio III, emanasse un bando in cui il nesso tra zingari e delinquenza veniva per la prima volta esplicitato.

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