Benedetto Coccia
“ROMA LENTA QUIA AETERNA”
Il testo descrive la particolarità del cosiddetto “Palazzo Parlante” di Gino Coppedè, situato all’inizio di Via Vittorio Veneto nei pressi di Piazza Barberini. Questo edificio presenta numerose iscrizioni sulle facciate, fra cui l’emblematica frase “ROMA LENTA QUIA AETERNA”, che sottolinea come la proverbiale lentezza di Roma sia dovuta non all’indolenza dei suoi abitanti, bensì alla sua natura di città eterna. L’autore evidenzia la dimensione temporale peculiare dell’Urbe, in cui nulla è davvero urgente, poiché tutto è immerso in un’ottica di eternità.
Servono ancora gli studi classici?
Nonostante la tendenza attuale a privilegiare percorsi formativi tecnico-scientifici, gli studi classici e umanistici mantengono un’importanza cruciale. Dall’America giungono segnali di rinnovato interesse per il mondo classico, indicandone la rilevanza costante. La riscoperta della tradizione antica può contribuire a contrastare la carenza di una formazione umanistica nel dibattito culturale e politico, favorendo una società meno disumanizzata e recuperando i fondamenti della nostra cultura e civiltà.
Parliamo ancora del Sessantotto?
L’articolo riflette sulla persistenza del Sessantotto nel dibattito contemporaneo, a oltre cinquant’anni dal suo svolgimento. Viene evidenziata la natura multiforme del fenomeno, che ha suscitato nel tempo fascinazione, critiche, mitologie rivoluzionarie e attese di cambiamenti radicali. Non limitato alla sinistra, il Sessantotto ha attraversato anche il mondo cattolico, stimolando dibattiti sul ruolo della Chiesa nella società e il rapporto “Chiesa-mondo”. Allo stesso tempo, si è sviluppato un “altro Sessantotto” nella cultura antiprogressista, offrendo interpretazioni alternative e contrapposte alla visione dominante. Il Sessantotto resta un fenomeno complesso, capace di dividere, appassionare e interrogare ancora oggi.
La dissoluzione jugoslava e i diritti umani
L’articolo analizza le conseguenze della dissoluzione jugoslava del 1991 sui diritti umani, mettendo in luce le gravi violazioni subite durante e dopo il conflitto. Vengono evidenziate le difficoltà nella riconciliazione, il ruolo della comunità internazionale e le aspirazioni dei nuovi Stati ad entrare nell’Unione Europea. L’analisi mostra come, nonostante la codificazione dei diritti umani a livello internazionale, questi vengano ancora oggi ignorati e calpestati, generando ferite profonde e lasciando aperte molte questioni irrisolte.
Tornando sulla dissoluzione jugoslava
La dissoluzione della ex-Jugoslavia, avvenuta nei primi anni ’90, ha provocato una profonda crisi umanitaria, con violazioni dei diritti umani e difficoltà nella costruzione di stabili assetti istituzionali, in particolare in Bosnia-Erzegovina e in Kosovo. Parallelamente, i flussi migratori interni ed esterni e la “Rotta balcanica” hanno segnato l’evoluzione economica, sociale e politica dell’area, evidenziando la necessità di una riflessione sul futuro della regione.
La dissoluzione della Jugoslavia oltre trent’anni dopo: le questioni ancora aperte.
L’articolo analizza il processo di disgregazione della Federazione jugoslava a partire dal conflitto in Slovenia e Croazia del 1991, evidenziando le gravi violazioni dei diritti umani e la profonda crisi umanitaria che ne è derivata. Inoltre, esamina il ruolo dell’Unione europea nella ricostruzione dei legami politici e culturali nell’area, ponendo l’accento sugli sforzi di integrazione delle nuove repubbliche e sulle sfide ancora aperte, in particolare per Paesi come la Serbia, tuttora in attesa di una piena adesione.
La faticosa realizzazione del Piano Nomadi di Roma Capitale
Il Piano Nomadi di Roma Capitale, presentato nel 2009, segnò un punto di svolta nell’affrontare la presenza delle popolazioni romanì a Roma, coinvolgendo istituzioni, società civile e Chiesa. L’obiettivo era creare nuovi villaggi con standard abitativi europei, superando i precedenti campi spontanei e promuovendo l’integrazione, la parità di trattamento e l’eliminazione delle discriminazioni. Nonostante le difficoltà nella sua attuazione, il Piano prevedeva la collaborazione di attori come la Croce Rossa e il volontariato cattolico. La Chiesa di Roma, attraverso le parole del Cardinale Agostino Vallini, evidenziò la necessità di emancipazione e giustizia sociale per tutti, oltre la mera gestione dell’emergenza.
Il Piano Nomadi di Roma Capitale
Il testo descrive le politiche iniziali della Giunta Rutelli a Roma alla fine degli anni Novanta per affrontare la questione dei campi rom e sinti, evidenziando la mancanza di una strategia complessiva. Si accenna a tentativi isolati di integrazione scolastica e creazione di insediamenti attrezzati, ma senza una visione unitaria. La svolta arriva nel 2009 con l’amministrazione capitolina che propone il “Piano Nomadi”, introducendo per la prima volta un approccio organico e strutturato: definizione di “villaggi autorizzati”, introduzione del numero chiuso, criteri di ammissione, una durata limitata dell’autorizzazione e misure per la sicurezza.
Gli zingari a Roma a cavallo tra Novecento e nuovo millennio.
L’articolo analizza l’evoluzione della situazione degli zingari a Roma dalla fine del Novecento all’inizio del nuovo millennio. Mostra come l’afflusso di profughi dall’ex Jugoslavia e la mancata pianificazione da parte delle amministrazioni capitoline abbia contribuito a trasformare la presenza degli zingari in una percepita emergenza. Solo con l’arrivo del “Piano nomadi” nel nuovo millennio si avvia una fase di interventi organici, anche se inizialmente finalizzati alla gestione di accampamenti abusivi considerati segni di degrado e sicurezza compromessa. Questo nuovo approccio politico culmina con la Giunta Rutelli, che opera i primi provvedimenti, pur ancora emergenziali, sulla cosiddetta “Questione nomadi”.
Gli zingari a Roma tra gli anni Settanta e Novanta
Il testo analizza la condizione degli zingari a Roma tra gli anni Settanta e Novanta, evidenziando come l’attenzione dell’associazionismo e della Chiesa non abbia impedito episodi di intolleranza e sgomberi forzati. Le politiche messe in atto dall’amministrazione locale e dalle Forze dell’ordine erano spesso mirate all’ordine pubblico, senza affrontare la questione da un punto di vista sociale. L’arrivo di nuovi immigrati di origine rom dopo la dissoluzione della ex Jugoslavia complicò ulteriormente la situazione, rendendo il dibattito politico più teso e generando interventi frammentari, contraddittori e privi di una visione strategica a lungo termine.