Benedetto Coccia
Le popolazioni gitane alla luce degli studi di “ziganologia” dell’Ottocento
L’articolo ripercorre le politiche di assimilazione forzata messe in atto dalla Chiesa verso le popolazioni zingare tra XVI e XVII secolo, evidenziando come queste abbiano portato all’elaborazione di studi specifici su tali comunità. Nel Settecento e nell’Ottocento, con la nascita della “ziganologia”, si sviluppano ricerche etnologiche e linguistiche che ne svelano l’origine indiana e ne analizzano costumi, lingua e tradizioni, superando gli stereotipi precedenti.
Luci e ombre dell’editto Barberini sull’assimilazione forzata degli zingari.
L’articolo analizza gli effetti dell’editto emanato dal Cardinale Francesco Barberini nel 1631, che trasformò la questione della presenza degli zingari nello Stato della Chiesa da problema di ordine pubblico a questione pastorale. Viene evidenziata l’intenzione di favorirne l’assimilazione attraverso iniziative missionarie simili a quelle già attuate per altre minoranze religiose. Tuttavia, non tutti i progetti ebbero successo, e i documenti processuali mostrano la resistenza di gruppi nomadi, in contrasto con i nuclei familiari urbani più inclini alla sedentarizzazione. Questa tensione tra nomadismo e sedentarietà, emersa già nel XVII secolo, caratterizza la complessità dell’integrazione degli zingari a Roma, un tema ancora rilevante oggi.
Dal rifiuto all’assimilazione forzata: gli zingari in Italia nel 1600.
Nel contesto dell’Italia del XVI e XVII secolo, le politiche nei confronti degli zingari mutarono radicalmente: dalle rigide disposizioni emesse da Papa Pio V nel 1566, che imponevano il divieto assoluto di ingresso e soggiorno e severe pene corporali, si passò gradualmente a una strategia di assimilazione forzata. Quest’ultima, sancita in modo definitivo dall’editto del 1631 del Cardinale Francesco Barberini, mirava a integrare gli zingari nella società cristiana, incoraggiandone l’abbandono dei costumi nomadi e l’assunzione di un “bene vivere” conforme ai dettami religiosi e sociali del tempo.
Gli zingari in Italia: dalla benevola accoglienza alla dura repressione
Nel XV secolo gli zingari giunsero in Italia presentandosi come pellegrini sedentari costretti a vagabondare. Inizialmente accolti con benevolenza, suscitarono progressivamente sospetti a causa di frodi, abusi e pratiche magiche, tanto che le autorità civili ed ecclesiastiche introdussero provvedimenti sempre più severi. Dal Legato pontificio a Bologna fino al Governatore di Roma nel 1552, la percezione della presenza zingara passò da ospitalità caritatevole a sorveglianza e repressione, sancendo il legame tra nomadismo e delinquenza.
La presenza degli zingari in Italia tra 1400 e 1500
Nel XV secolo gli zingari giunsero in Italia presentandosi come pellegrini sedentari costretti a vagabondare. Inizialmente accolti con benevolenza, suscitarono progressivamente sospetti a causa di frodi, abusi e pratiche magiche, tanto che le autorità civili ed ecclesiastiche introdussero provvedimenti sempre più severi. Dal Legato pontificio a Bologna fino al Governatore di Roma nel 1552, la percezione della presenza zingara passò da ospitalità caritatevole a sorveglianza e repressione, sancendo il legame tra nomadismo e delinquenza.
Le prime tracce della presenza degli zingari in Italia
L’articolo esamina la presenza degli zingari in Italia a partire dai primi decenni del Quattrocento, identificando tre fasi storiche: iniziale benevolenza e comprensione da parte delle autorità civili ed ecclesiastiche, una successiva reazione repressiva fino all’inizio del Seicento, e infine nel XVII secolo un tentativo di assimilazione forzata. La prima apparizione degli zingari avvenne nello Stato della Chiesa, dove si presentavano come pellegrini penitenziali diretti a Roma, muniti di presunti salvacondotti reali e papali.
Qualche notazione storica sulla presenza degli zingari a Roma
Il saggio di Benedetto Coccia esplora la presenza storica del popolo rom a Roma, risalente al 1500. Analizza le tensioni e i pregiudizi che persistono ancora oggi, sottolineando l’importanza dell’accettazione della diversità e dell’integrazione culturale. L’autore esamina le ragioni storiche della concentrazione dei rom nello Stato della Chiesa e discute l’approccio di Roma nei confronti di queste popolazioni, visto sia come problema di ordine pubblico che come opportunità di conversione religiosa. Infine, propone una riflessione sul futuro dell’integrazione rispettosa della diversità.
Competenza e rigore morale… questi sconosciuti. Una riflessione sulla nostra classe dirigente.
Partendo dall’esortazione di Benedetto XVI ai giovani sardi nel 2008, l’articolo riflette sull’inadeguatezza complessiva della classe dirigente italiana, evidenziando la mancanza di competenza e rigore morale. Se si fosse dato ascolto all’appello del Papa creando scuole di formazione politica serie e strutturate, oggi non ci troveremmo in questa situazione. L’autore sottolinea come questa debolezza della governance riguardi tutti gli ambiti del vivere sociale e non solo la politica. Competenza e rigore morale sono attualmente assenti, riflettendosi nella superficialità con cui vengono affrontati problemi complessi e nella difficoltà di immaginare una morale laica a cui i rappresentanti dovrebbero ispirarsi.
La crisi della governance
L’articolo discute la mancanza di una vera governance in Italia, sottolineando come l’esortazione di Benedetto XVI nel 2008 per una nuova generazione di laici cristiani impegnati nella politica sia rimasta inascoltata. Critica l’attuale classe politica per l’egoismo e l’interesse personale che prevalgono sul bene comune e sulle istituzioni. Conclude affermando che, con una classe dirigente come quella attuale, la Costituzione repubblicana non sarebbe mai nata.
L’Europa nel pensiero degli intellettuali cechi del dissenso
L’articolo esplora il pensiero degli intellettuali cechi del dissenso, focalizzandosi su Václav Havel e Jan Patočka. Nonostante l’adesione della Cecoslovacchia all’Atto finale di Helsinki nel 1975, il regime di Gustáv Husák continuò a sopprimere le libertà fondamentali. Da questa repressione nacque Charta 77, un movimento che raccolse riflessioni sulla difesa dei diritti umani. Havel e Patočka criticarono la persistenza della sovranità nazionale e sottolinearono la necessità di un’Europa unita basata su valori autentici e universali.









