domenica, Febbraio 9 2025

Vorremmo proporre una breve riflessione su di un “fenomeno” che, oltre cinquant’anni dopo il suo svolgimento, continua a far parlare di sé: il Sessantotto.

Molteplici sono state le occasioni – convegni, simposi, rassegne cinematografiche, pubblicazioni…- per riflettere su un periodo che, se da un lato esercita (ancora) un certo fascino, dall’altro è ancora in grado di sollevare pesanti critiche e censure, presentandosi, dopo oltre cinquant’anni, multiforme e dalle tinte cangianti e prestandosi, dunque, a molteplici interpretazioni anche molto diverse tra loro se non espressamente di segno opposto. In effetti, si tratta di un fenomeno che è, al contempo, il precipitato di processi e trasformazioni culturali, politiche, economiche, che prendono forma e sostanza nella società italiana a partire dai primissimi anni Sessanta.

Da questa breve considerazione iniziale prendiamo le mosse per alcuni brevi e necessariamente solo accennati spunti di riflessione. Alla domanda da dove arriva il Sessantotto? Potremmo rispondere che la comparsa sulla ribalta, internazionale sin dagli inizi degli anni Sessanta, di tutta una serie di eventi e personaggi condizionano e influenzano l’opinione pubblica italiana e favoriscono anzitutto la nascita di veri e propri miti che reinnescano le ideologie rivoluzionarie e le crescenti aspettative di cambiamento totale e radicale quando non di vera e propria palingenesi.

Una lunga vigilia, durata quasi un decennio, durante il quale maturano tematiche, e linguaggi che già nel 1967 si diffondono e prendono forma presso diverse università italiane con una contestazione che dilagherà poi nell’anno successivo. Tematiche, suggestioni e linguaggi che convenzionalmente vengono attribuiti in maniera, quasi esclusiva, alla sinistra.

In realtà anche altre realtà non rimasero immuni alla “ventata sessantottina”; pensiamo, ad esempio al mondo cattolico che, partendo dalla profonda spinta rinnovatrice data dal Concilio Vaticano II, si interrogò in quegli anni sul rapporto “Chiesa-mondo”, riflessione che vedrà confrontarsi le diverse scuole teologiche e appassionerà una intera generazione di cattolici impegnati.

Ma esiste anche un altro, ulteriore Sessantotto e cioè quello sviluppatosi nella cultura antiprogressista grazie a intellettuali, storici, filosofi e organizzatori di cultura che lessero e interpretarono criticamente la complessa mutazione culturale in atto. Potremmo, dunque, parlare di un “altro Sessantotto” e cioè di una cultura alternativa che emerge durante gli anni Sessanta parallelamente a quella maggioritaria a cui si contrappone.

Dunque possiamo dire che, dopo oltre cinquant’anni, il Sessantotto ancora ci interroga, ci divide, ci appassiona.

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