diritti umani
La dissoluzione jugoslava e i diritti umani
L’articolo analizza le conseguenze della dissoluzione jugoslava del 1991 sui diritti umani, mettendo in luce le gravi violazioni subite durante e dopo il conflitto. Vengono evidenziate le difficoltà nella riconciliazione, il ruolo della comunità internazionale e le aspirazioni dei nuovi Stati ad entrare nell’Unione Europea. L’analisi mostra come, nonostante la codificazione dei diritti umani a livello internazionale, questi vengano ancora oggi ignorati e calpestati, generando ferite profonde e lasciando aperte molte questioni irrisolte.
Tornando sulla dissoluzione jugoslava
La dissoluzione della ex-Jugoslavia, avvenuta nei primi anni ’90, ha provocato una profonda crisi umanitaria, con violazioni dei diritti umani e difficoltà nella costruzione di stabili assetti istituzionali, in particolare in Bosnia-Erzegovina e in Kosovo. Parallelamente, i flussi migratori interni ed esterni e la “Rotta balcanica” hanno segnato l’evoluzione economica, sociale e politica dell’area, evidenziando la necessità di una riflessione sul futuro della regione.
La dissoluzione della Jugoslavia oltre trent’anni dopo: le questioni ancora aperte.
L’articolo analizza il processo di disgregazione della Federazione jugoslava a partire dal conflitto in Slovenia e Croazia del 1991, evidenziando le gravi violazioni dei diritti umani e la profonda crisi umanitaria che ne è derivata. Inoltre, esamina il ruolo dell’Unione europea nella ricostruzione dei legami politici e culturali nell’area, ponendo l’accento sugli sforzi di integrazione delle nuove repubbliche e sulle sfide ancora aperte, in particolare per Paesi come la Serbia, tuttora in attesa di una piena adesione.
Il tentativo di integrazione degli zingari a Roma in epoca contemporanea
Nel secondo dopoguerra gli zingari a Roma vivono una condizione di profonda emarginazione, sia abitativa che amministrativa, subendo il rifiuto dell’iscrizione anagrafica e l’esclusione dai servizi sanitari, dall’alloggio e dal lavoro. Contemporaneamente in Europa si diffonde una nuova consapevolezza dei diritti della persona e delle minoranze. Questo clima porta alla nascita dell’Opera Nomadi, che si occupa di tutela dei diritti degli zingari, e a riflessioni sull’istruzione, l’educazione sanitaria e l’integrazione nel tessuto sociale delle popolazioni nomadi. Tuttavia, resistono ostacoli burocratici, diffidenza nelle scuole e la percezione degli zingari come problema di ordine pubblico.
L’Europa nel pensiero degli intellettuali cechi del dissenso
L’articolo esplora il pensiero degli intellettuali cechi del dissenso, focalizzandosi su Václav Havel e Jan Patočka. Nonostante l’adesione della Cecoslovacchia all’Atto finale di Helsinki nel 1975, il regime di Gustáv Husák continuò a sopprimere le libertà fondamentali. Da questa repressione nacque Charta 77, un movimento che raccolse riflessioni sulla difesa dei diritti umani. Havel e Patočka criticarono la persistenza della sovranità nazionale e sottolinearono la necessità di un’Europa unita basata su valori autentici e universali.
L’integrazione europea letta dal dissenso cecoslovacco
Il saggio esamina l’Europa non solo come entità geografica, ma come concetto culturale e storico. Analizza come le condizioni geopolitiche del 1957 abbiano influenzato la nascita dell’Unione Europea, inizialmente limitata all’Occidente a causa della “cortina di ferro”. Attraverso il punto di vista del dissenso cecoslovacco, in particolare l’esperienza di Charta 77 e la figura di Jan Patočka, si esplora la percezione dell’integrazione europea oltre il muro di Berlino e come le violazioni dei diritti umani abbiano stimolato una riflessione sull’identità europea.





