domenica, Ottobre 5 2025

UN CAMPIONE FUORI DAL COMUNE

Gabriele Pallai

La maratona di Roma è uno degli eventi sportivi più importante della capitale. Qui si possono incontrare migliaia di persone […]

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Illustrazione storica del 1914 in Italia che rappresenta la schedatura antropometrica degli zingari, con un giudice e una famiglia Rom osservata in modo clinico in un ufficio positivista.

Gli zingari e il carnet anthropometrique

Benedetto Coccia

L’articolo descrive come, tra fine Ottocento e inizio Novecento, gli zingari fossero considerati da alcuni studiosi e magistrati come individui intrinsecamente criminali, oziosi e pericolosi. Questo pregiudizio, basato su teorie positiviste e su studi come quello di Hans Gross, portò all’idea di schedare i nomadi tramite il carnet anthropometrique, come avvenne in Francia, con l’intento di inserirne le caratteristiche antropometriche in una classificazione pseudo-scientifica. In Italia, il giudice Alfredo Capobianco ne legittimò l’utilizzo proponendo di espellerli o, quantomeno, di schedarli. Questi preconcetti, sopravvissuti sino agli anni Cinquanta, consolidarono il radicato senso di diffidenza e giustificarono norme repressive contro la mendicità e il vagabondaggio dei nomadi.

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Ritratto di una famiglia rom nel XV secolo in Italia, con abiti tradizionali dettagliati, caratterizzati da motivi vivaci, tessuti a strati e influenze locali italiane. Sfondo minimalista con villaggio medievale e colline.

La presenza degli zingari in Italia tra 1400 e 1500

Benedetto Coccia

Nel XV secolo gli zingari giunsero in Italia presentandosi come pellegrini sedentari costretti a vagabondare. Inizialmente accolti con benevolenza, suscitarono progressivamente sospetti a causa di frodi, abusi e pratiche magiche, tanto che le autorità civili ed ecclesiastiche introdussero provvedimenti sempre più severi. Dal Legato pontificio a Bologna fino al Governatore di Roma nel 1552, la percezione della presenza zingara passò da ospitalità caritatevole a sorveglianza e repressione, sancendo il legame tra nomadismo e delinquenza.

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Illustrazione minimalista con due mani di tonalità di pelle diverse che si stringono in segno di solidarietà, circondate da motivi astratti colorati che rappresentano la diversità culturale in Italia, su uno sfondo neutro.

Le prime tracce della presenza degli zingari in Italia

Benedetto Coccia

L’articolo esamina la presenza degli zingari in Italia a partire dai primi decenni del Quattrocento, identificando tre fasi storiche: iniziale benevolenza e comprensione da parte delle autorità civili ed ecclesiastiche, una successiva reazione repressiva fino all’inizio del Seicento, e infine nel XVII secolo un tentativo di assimilazione forzata. La prima apparizione degli zingari avvenne nello Stato della Chiesa, dove si presentavano come pellegrini penitenziali diretti a Roma, muniti di presunti salvacondotti reali e papali.

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Una donna bionda, Francesca Palombino, vista di spalle, indossa un abito scuro e si trova davanti a una porta in legno in stile veneziano, in un ambiente illuminato in modo soffuso. La scena evoca un'atmosfera silenziosa e riflessiva.

Pensando a Hopper

Gian Luca Pallai

Il 5 aprile, l’autore ha partecipato a un convegno in Senato sul tema “Italia-Africa, Donne e valore d’impresa tra cooperazione e formazione,” documentando l’evento con fotografie. Durante uno scatto, ha immortalato la dottoressa Francesca Palombino, la cui figura elegante e posizione davanti a una porta in stile veneziano ha ispirato una foto in stile Hopper. L’immagine è stata ulteriormente perfezionata in post-produzione, correggendo dettagli e riducendo il rumore dovuto alla scarsa illuminazione.

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