Come abbiamo avuto modo di sottolineare nonostante le numerose iniziative di contrasto, nelle scuole si organizzano incontri rivolti ai giovani e si fanno campagne “pubblicitarie” contro il bullismo, il fenomeno non accenna a diminuire. A questo, piuttosto, si aggiungono nuove, subdole, forme di violenza tra i giovani: cyberbyllismo, body shaming, revenge porn. Ma oltre al bullismo tra i giovani, in tutte le sue declinazioni, la scuola ha visto fiorire, in particolare negli ultimi anni, nuove forme di violenza: degli studenti nei confronti dei professori e, perfino, di genitori nei confronti dei docenti. Quanto detto richiede una riflessione molto approfondita sul tema a partire, a nostro avviso, da tre assunti: il primo è che bullo e bullizzato sono entrambi inseriti nella medesima logica di violenza di cui sono entrambi vittime e che quindi, oltre agli interventi in difesa di chi subisce tali atti occorre sostenere e accompagnare anche chi di questi atti si rende responsabile. Il secondo è che gli episodi di bullismo sono l’atto conclusivo di un processo di prevaricazione e violenza spesso perpetrato da anni, del quale, troppo spesso, si prende consapevolezza solo tardivamente. Quando si viene a conoscenza di una situazione di prevaricazione o di veri e propri atti di violenza o autolesionismo, talvolta purtroppo estremi, si svela un processo che, in realtà, è al suo epilogo e spesso anche le azioni di contrasto a questo fenomeno rischiano di intervenire a “valle” di tale processo e non a “monte”, dove cioè il problema ha origine. Il terzo assunto dal quale dovrebbe partire una riflessione seria sul tema del bullismo e più in generale della violenza in ambito scolastico è appunto quello della violenza intesa come mancanza di rispetto nei confronti dell’altro, delle sue idee, del suo modo di essere, del suo aspetto fisico, dunque della violenza nella sua più ampia accezione. E tutto questo osservando a partire dai primi cicli scolastici perché siamo convinti che nella prima età scolare il bambino apprenda le modalità relazionali, il rispetto della diversità e delle fragilità, e che già nei primi anni di scuola si possano sviluppare, spesso solo in nuce, dinamiche relazionali errate. Naturalmente, soprattutto in questa fase dell’età evolutiva, un ruolo fondamentale spetta alla famiglia. È infatti nell’ambito familiare che il bambino impara a relazionarsi, a rispettare gli altri, a capire che le persone che lo circondano possono avere esigenze differenti dalle proprie.