Abbiamo visto come la consacrazione alla flessibilità delle politiche del lavoro incide sui destini lavorativi e personali di chi deve confrontarsi con un modo del lavoro tutt’altro che flessibile. L’impressione è, infatti, che una legislazione improntata alla flessibilità nel contesto del mondo del lavoro italiano, legato ad un modello produttivo estremamente statico, non premiante e gestito da una classe dirigente vecchia e ancorata ad un contesto economico non più attuale, rischi inevitabilmente di trasformare il lavoro in precariato, sfruttamento, lavoro in nero. Ecco allora che si rende necessario definire e studiare le dinamiche e le variabili socio-psicologiche che caratterizzano maggiormente il lavoratore contemporaneo. Alla luce dei continui interventi di riforma del mercato del lavoro e della loro attuazione normativa, sarebbe opportuno analizzare le ricadute sia sul piano occupazionale e sulle condizioni di lavoro degli occupati, sia rispetto alla qualità dell’occupazione e alle caratteristiche contrattuali e alla precarietà. Le continue trasformazioni in materia di lavoro rappresentano, infatti, un tema di grande importanza soprattutto in riferimento agli studi delle possibili conseguenze che può comportare il lavoro flessibile: attraverso il lavoro si realizza una dimensione fondamentale della vita dell’individuo non solo pubblica ma anche privata.
Attraverso la lettura della realtà si percepisce come ancora nel nostro Paese i lavoratori siano considerati un costo per il sistema produttivo piuttosto che una risorsa, quanto il deficit di formazione, in preparazione all’ingresso nel mondo del lavoro (troppo spesso finalizzata esclusivamente all’acquisizione di un titolo), e durante il periodo lavorativo, incida sulla qualità del “lavoro italiano” e sulla possibilità per i lavoratori di ricollocarsi nel mercato del lavoro. Si percepisce quanto il lavoro non sia solo una questione legata al diritto e all’economia ma piuttosto quanto costituisca un ambito di realizzazione della propria vita, quanto piuttosto che occasione di riscatto sociale sia ancora per molti luogo di ricatto sociale. Riteniamo dunque che sia necessaria l’elaborazione di un nuovo paradigma per le politiche del lavoro che metta al centro il lavoratore, le sue capacità e la sua valorizzazione piuttosto che i sistemi produttivi ed economici.