Che cosa chiediamo oggi alla scuola?
Una volta era più semplice. Nella “gerarchia” delle agenzie educative prima veniva la famiglia, poi la scuola e poi tutte quelle altre realtà che affollavano la nostra società (parrocchia, oratorio, associazionismo di ogni genere, volontariato, sport…). Ora il quadro appare più semplice e più complesso allo stesso tempo. Venute meno le agenzie secondarie, forse, in alcune realtà resistono ancora, ma in misura residuale, l’oratorio e la parrocchia e le attività sportive, la valenza educativa delle quali sembra tuttavia affievolirsi, rimangono, della vecchia impostazione, solo la famiglia e la scuola.
Tra queste, famiglia e scuola, una volta esisteva un patto educativo. La famiglia rappresentava il primo luogo di socializzazione del bambino e del ragazzo e cioè gli insegnava a relazionarsi con gli altri emancipandolo dall’egocentrismo che lo caratterizza nella prima infanzia e gli consegnava un “modello di socialità”, cioè gli elementi basilari per un ingresso rispettoso e sano nella vita sociale. Alla scuola era richiesto di proseguire e ampliare questo percorso di socializzazione fornendo anche gli elementi e gli strumenti culturali per un pieno e consapevole inserimento nella società. In particolare per quanto riguarda la formazione era sostanzialmente l’unica agenzia in grado di fornire nozioni culturali o professionali alle nuove generazioni.
Da anni non è più così. Oggi, contrariamente al passato, grazie ad internet, tutti hanno libero accesso a qualunque informazione, ai libri o alla buona, vecchia enciclopedia, peraltro presente non in tutte le case, si è sostituita la rete pronta a fornirti informazioni su tutto, poco importa se al 90% imprecise o superficiali o deliberatamente sbagliate. E anche la socializzazione, l’ingresso nella società con le sue regole, scritte e non scritte, sembra essere diventato appannaggio esclusivo dei social.
Se dunque la scuola non è più la fonte esclusiva del sapere, quale compito le resta? E soprattutto, esiste ancora quel patto educativo che consentiva una qualche continuità nel processo di socializzazione delle nuove generazioni?
Quanto appare inutilmente faticosa e noiosa la lettura di un testo quando lo stesso argomento viene trattato in maniera molto più accattivante da un sito internet, e quanto sono noiose ore e ore di lezione rispetto ad una comunicazione che ti convince in 10 secondi a comprare una macchina… anche se non hai la patente.
E che dire del patto educativo? Come può un insegnante qualsiasi esprimere un giudizio, magari perfino negativo, sul pargoletto che con tanto amore e tanta cura i genitori stanno crescendo circondandolo di tutte le attenzioni possibili? Appare evidente che, a queste condizioni, la scuola non sembra più avere molto senso.
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