giovedì, Aprile 25 2024

Scatto dopo scatto, la ricerca della foto perfetta è spesso un pellegrinaggio solitario, un viaggio che porta a scoprire non solo paesaggi ma anche angoli nascosti dell’anima. E poi, ci sono quelle volte in cui l’inaspettato si rivela davanti all’obiettivo, e in un istante, il mondo si ferma. È ciò che è accaduto quando ho immortalato quel tetto, un mosaico di tegole sconnesse che sembrava raccontare storie di tempi dimenticati.

Quel giorno, le impostazioni della mia fotocamera erano quasi un riflesso del mio intuito: ISO 1200, f/2.8, tempi di 1/200s. Il drone DJI Mavic Mini 2, fedele compagno di avventure, aveva in sé un obiettivo da 20.7 mm equivalente al full frame che mi ha permesso di catturare ogni dettaglio, ogni sfumatura di quel quadro di disordine e bellezza.

Sento ancora la brezza di quel pomeriggio, mentre con occhio critico inseguiro il contrasto tra caos e armonia. Le tegole, come tasselli di un puzzle che la natura ha rimescolato, erano lì, dinanzi a me, sospese in un silenzio quasi sacrale. Non era solo un tetto. Era un testimone silenzioso di stagioni passate, di intemperie e di solitudini.

La ruggine che colorava alcune di esse di tonalità di rosso e marrone era come una firma del tempo, un segno indelebile che raccontava di piogge battenti e di sole cocente. Il muschio, verde e tenace, mi parlava di resistenza, di una vita che si fa strada anche nell’abbandono.

Mentre il drone si librava nell’aria, catturando quella scena, ho sentito un’emozione profonda. Era come se ogni tegola avesse la propria voce, e insieme componessero un coro che narrava di trascuratezza, ma anche di resilienza. Mi sono chiesto chi avrebbe riparato quel tetto, chi avrebbe riascoltato le storie che le tegole avevano da raccontare.

Quell’immagine, ora impressa nella memoria digitale, è diventata un simbolo per me. Un monito a non dimenticare, a non lasciare che il tempo cancelli le tracce di ciò che una volta era. Ogni volta che riguardo quella foto, sento riaffiorare la passione che mi ha spinto a scegliere questo percorso, la fotografia, come mia forma d’arte, come mio modo di comunicare senza parole.

E adesso, condividendo questa immagine con voi, vorrei che si aprisse un dialogo. Che cosa vedete in questa foto? Vedete solo un tetto bisognoso di cure o, come me, intravedete le storie nascoste dietro ogni tegola spostata?

In questa fotografia, vi è racchiusa la mia passione per le storie non dette, per i dettagli che spesso sfuggono, per le imperfezioni che rendono il mondo un luogo straordinariamente vero. Voglio che chi osserva le mie immagini si fermi e rifletta, scopra nuove prospettive e si lasci ispirare a guardare oltre.

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