sabato, Ottobre 4 2025

La fortunata esperienza dei “decreti delegati”, tra le altre cose, portò negli anni ’70 i genitori nella scuola. Con i Rappresentanti di classe e d’Istituto i genitori ebbero i loro rappresentanti negli organi collegiali partecipando attivamente alla progettazione e realizzazione dell’azione didattica. Era una comunità educante che discuteva della formazione delle nuove generazioni.

Ora non è più così. Spesso si fatica a trovare genitori disposti a farsi eleggere negli organi di rappresentanza come se il bene della classe o dell’istituto non fosse importante. Diverso è l’atteggiamento nei confronti del proprio figlio. Ma si badi bene, non per concordare o valutare insieme ai docenti un percorso formativo ma esclusivamente per contestare un voto o l’impostazione didattica del docente perché, chi conosce meglio i ragazzi dei propri genitori? Chi sa meglio di loro cosa è meglio per i propri pargoli? E poco contano le doti umane e competenze le professionali, didattiche e accademiche dei docenti. Ciò che è meglio per i ragazzi lo sanno i genitori! Troppi compiti, programmi troppo vasti e troppo difficili, voti troppo bassi…. Non parliamo poi delle eventuali avvertenze che un professore può (incautamente) comunicare ai genitori rispetto ad eventuali comportamenti inappropriati del loro figlio o di eventuali provvedimenti disciplinari.

 “Lui è molto sensibile…. A casa si comporta benissimo… sono i compagni che sono aggressivi con lui…sono ragazzate, tutti le abbiamo fatte alla sua età…” Insomma una sequela di frasi giustificatorie perché “Lui” è il centro del mondo e tutto deve girargli intorno senza contraddirlo o semplicemente turbarlo. Ma il compito della scuola non è questo. L’individualismo imperante ha portato i genitori ad occuparsi solo, troppo e male dei propri figli. Si è perso di vista l’obbiettivo di fare della scuola una comunità educante e questo è possibile solo se si riattiva e si rende vitale ed efficace quel patto educativo tra genitori e insegnanti che garantisce una sana e corretta formazione delle nuove generazioni.

I genitori devono tornare ad essere attivamente presenti nella scuola ma attraverso le forme, i modi e i tempi previsti.

esso di informazioni a disposizione, nuove generazioni private dei rudimenti del vivere in una collettività da genitori sempre meno genitori e sempre più amici accondiscendenti, ecco che il ruolo della scuola appare chiamato a nuove e impegnative sfide.

L’aver perso il primato dell’informazione (alta, s’intende) assegna alla scuola un ruolo inedito: fornire ai ragazzi gli strumenti per discernere e valutare le fonti dalle quali attingere informazioni.

Ad esempio, cercando il termine “Olocausto” si trovano in rete un mare di informazioni.

I ragazzi sono in grado di distinguere l’attendibilità delle fonti?

Sanno distinguere, ad esempio, l’attendibilità delle informazioni ricevute dal sito dell’Enciclopedia Italiana da quelle di un sito negazionista? Ecco allora che la scuola, avendo perso il sostanziale monopolio della trasmissione di nozioni e contenuti a favore della rete, ha però il compito di aiutare i ragazzi ad orientarsi nella giungla di informazioni alle quali possono facilmente accedere e a soppesarne il peso e l’attendibilità. La scuola rimane, inoltre, il luogo dell’incontro, con gli altri, della conoscenza di persone nuove, sempre più spesso diverse da loro per provenienza, religione, lingua, cultura.

È il luogo dell’incontro con il diverso da loro e, se è vero che l’incontro con l’altro ci consente di conoscerci e di definirci, la scuola rappresenta la formidabile e irripetibile occasione di formare nuove generazioni meno provinciali e razziste della nostra. La scuola rimane il luogo nel quale si impara il rispetto per l’altro, per le altrui opinioni, nel quale si impara il rifiuto della violenza sia verbale che fisica, il rispetto per le istituzioni (la scuola rimane pur sempre la prima esperienza di “Stato” che i ragazzi fanno) e il luogo nel quale allenano la propria intelligenza a confrontarsi con materie talvolta ostiche o semplicemente non affini ai propri interessi che comunque richiedono di essere affrontate e studiate.

E, infine, la scuola è il luogo nel quale il ragazzo scopre la propria vocazione culturale o professionale, iniziando a individuare l’ambito di studi e professionale nel quale vorrà spendere la propria vita. Ma fin qui abbiamo trattato solo la prima sfida che attende la scuola e cioè quella di aver perso il primato dell’informazione, resta da analizzare la seconda: la sussistenza o meno del patto educativo con i genitori.

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