martedì, Aprile 30 2024

C’è qualcosa di magico nel trovarsi al di sopra del tappeto di nuvole, dove il cielo incontra la terra e la luce del giorno si fonde con l’ombra. Mi chiamo Gabriele, e in una fredda mattina di gennaio mi sono ritrovato a testimoniare questo spettacolo, con il gelo che pizzicava la pelle e il respiro che si faceva vapore al contatto con l’aria.

Ero salito prima dell’alba, con l’intento di catturare l’alba da una prospettiva diversa, cercando di trasmettere l’enormità e la pace di un mondo sospeso. Con la mia macchina fotografica pronta, attendevo quel momento perfetto, quando la luce avrebbe dipinto di colori caldi il mare di nuvole e le vette emerse.

La foto è stata scattata il 14 gennaio. I metadati raccontano la storia tecnica dietro l’immagine: un’apertura di f/11 per garantire la massima nitidezza da primo piano all’infinito, una velocità dell’otturatore di 1/125 di secondo per catturare la tranquillità senza sacrificare la luce, e un ISO di 100 per mantenere la purezza dell’immagine senza rumore digitale. La lunghezza focale di 50 mm permetteva di catturare la vastità senza distorsione, con la silhouette del terreno che si stagliava contro il cielo chiaro.

Mentre il sole si sollevava, le ombre iniziavano a ritirarsi timidamente, e le cime delle montagne sembravano isole fluttuanti in un oceano immobile. Era un momento di perfetta armonia, un silenzio assordante che parlava più di mille note. Quella visione mi ha ricordato quanto sia importante fermarsi, respirare e osservare. Quanto sia essenziale per noi, esseri umani, ricordare che facciamo parte di qualcosa di più grande, qualcosa che va rispettato e protetto.

Ogni volta che guardo quella foto, sento il peso del mondo scivolare via, lasciando solo la consapevolezza della bellezza e della grandiosità del nostro pianeta. È un ricordo che custodisco gelosamente, un frammento di tempo in cui mi sono sentito infinitamente piccolo di fronte all’immensità del mondo e, al contempo, infinitamente grato per la sua esistenza.

 

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