lunedì, Ottobre 6 2025

Nonostante una rinnovata attenzione dell’associazionismo e della Chiesa, gli anni Settanta furono per gli zingari, in particolare nella Capitale, anni difficili, punteggiati d gravi gesti di intolleranza nei loro confronti da parte della popolazione dei quartieri nei quali si insediavano, segni, da un lato, del disagio delle zone sulle quali gli insediamenti rom andavano a insistere, dall’altro del disinteresse o dell’incapacità dell’amministrazione capitolina di porre rimedio a queste situazioni, affrontandole, di volta in volta, come meri problemi di ordine pubblico.

Sollecitate dalla popolazione, le Forze dell’ordine si vedevano costrette a sgomberi forzati, rastrellamenti o trasferimenti coatti degli zingari in altre zone, presso campi sosta temporanei o di transito, e a nulla sembravano servire le denunce di palesi violazioni dei diritti umani fatte dall’Opera nomadi e dalla Caritas diocesana: per l’amministrazione capitolina e per le Forze dell’ordine gli zingari rimanevano un problema di ordine pubblico.

A complicare le cose, agli inizi degli anni Novanta la dissoluzione della ex Jugoslavia portò in Italia, e soprattutto nella Capitale, un ulteriore flusso di immigrati di origine rom.

In quegli anni, dunque, la “questione zingara”, oltre a restare irrisolta si arricchì di nuove problematiche di difficile soluzione, da problema semisconosciuto, al di là di episodiche manifestazioni di interesse da parte dell’opinione pubblica e delle istituzioni, si è trasformato in argomento di primo piano nel dibattito politico.

Dibattito non sempre sereno, come del resto avviene per molte questioni sensibili, spesso segnato da eccessi propagandistici e strumentalizzazioni a fini elettorali.

Un tale approccio al problema non ha favorito una lettura autentica, scevra di stereotipi o preconcetti, della presenza delle popolazioni nomadi sul territorio di Roma, non ha favorito la conoscenza di una realtà che nel tempo era andata profondamente mutando, portando quindi a tutta una serie di provvedimenti disarticolati tra loro, spesso contraddittori, dettati dalla necessità di risolvere in tempi brevi le situazioni di emergenza che via via si andavano creando nei vari accampamenti della Capitale.

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