venerdì, Ottobre 3 2025

Come abbiamo visto, nell’ultimo trentennio del secolo scorso la situazione degli zingari a Roma è andata via via peggiorando per una serie di ragioni, tra le altre: il grande afflusso di profughi dai Paesi della ex Jugoslavia e l’incapacità delle amministrazioni capitoline che si sono succedute in quegli anni che non sono state in grado di comprendere che la realtà degli zingari a Roma era andata profondamente mutando e si sono avventurate in una serie di interventi disarticolati tra loro, spesso contraddittori, dettati dalla necessità di risolvere in tempi brevi le situazioni di emergenza che via via si andavano creando nei vari accampamenti della Capitale.

Tali scelte, o non scelte, delle Autorità, hanno portato a trasformare, o a far percepire come tale, il fenomeno della presenza degli zingari a Roma come vera e propria emergenza. Occorrerà attendere l’inizio del nuovo millennio perché Roma, nel frattempo divenuta Roma Capitale, avvii una serie di provvedimenti organici relativi alla presenza degli zingari noto come il “Piano nomadi”.

Nonostante quella degli zingari sia una realtà alla quale il territorio non può dirsi nuovo, in questi anni cambia il modo in cui vengono percepiti la presenza dei nomadi e, soprattutto, gli accampamenti abusivi all’interno della città. Gli insediamenti, presenti solo e esclusivamente nelle zone periferiche, vengono avvertiti come segno di degrado e entrano di diritto nell’agenda politica locale e nazionale. Purtroppo un ingresso prevalentemente dettato da mere esigenze elettorali, conseguenza del progressivo deterioramento dei legami sociali e del tessuto urbano, che spingono i cittadini a chiedere alla politica una prospettiva rassicurante dell’accrescimento della sicurezza.

I primi interventi per risolvere la “Questione nomadi” risalgono alla Giunta Rutelli (Sindaco di Roma dal 1993 al 1997 e confermato fino al 2001). Questa, in primo luogo, censisce gli insediamenti abusivi e dispone la chiusura di alcuni di essi. Ma sono ancora provvedimenti finalizzati a gestire l’emergenza, manca infatti una linea strategica finalizzata alla gestione dei campi di rom e di sinti.

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