martedì, Maggio 21 2024

Lo scorso 14 giugno 600 persone sono morte nel naufragio del peschereccio “Adriana” al largo di Pylos nel Peloponneso. Erano partiti dalla Libia, dal porto di Tobruk. Venivano dall’Egitto, dal Pakistan, dalla Siria, dalla Palestina, queste le nazionalità di alcuni dei sopravvissuti. Per le donne e i bambini, chiusi nella stiva, non c’è stato scampo, sono finiti in fondo al mare, con il relitto. Avevano pagato tra i 4 mila e i 6 mila euro per questo viaggio della speranza. Erano migranti.

Quattro giorni dopo 5 miliardari americani scompaiono mentre stanno facendo una escursione turistica presso il relitto del Titanic… costo del biglietto 250 mila dollari. Per quest’ultimi è stata organizzata una operazione di recupero internazionale, ampiamente seguita dalla stampa internazionale, nel vano tentativo di trovare almeno i loro resti, del recupero dei corpi dei 600 migranti non si è nemmeno parlato…

Siamo davvero convinti che i diritti umani siano ancora universali? Che valgano davvero per tutti? Talvolta viene il dubbio che vengano riconosciuti solo a chi se li può permettere…

A questo punto il dibattito che appassiona tanto l’Europa e che, in particolare nel nostro Paese, infiamma le campagne elettorali, riguardo i flussi migratori e le quote di redistribuzione dei migranti, riguardo all’”ammodernamento” della Convenzione di Dublino o meno, passa in secondo piano.  La questione seria, da affrontare preliminarmente e urgentemente, è a monte della gestione dei flussi migratori, ed è la questione antropologica. Siamo ancora convinti che ogni essere umano, in quanto tale, a qualunque latitudine o longitudine nasca, sia portatore in sé, in quanto persona umana, di diritti fondamentali e inalienabili che nessuno gli può negare? Nel 1948 sembrava l’umanità ne fosse convinta, e codificò questa conquista nella Dichiarazione universale dei diritti umani, oggi, ne siamo davvero, ancora convinti? A volte sembra proprio di no…

Benedetto Coccia

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