domenica, Ottobre 5 2025

Abbiamo detto come il manuale di Hans Gross, nel quale lo zingaro veniva descritto come “un soggetto pericoloso, sempre animato da pulsioni criminogene quali la cupidigia insaziabile, l’amore dell’ozio, la voracità da animale”, fece scuola e divenne la base di partenza per molti studi sulla vita delle comunità gitane.

In tutta Europa, e dunque anche in Italia, l’ansia classificatoria, tipicamente positivista, di inserire anche gli esseri umani nelle classificazioni adoperate per i vegetali e per gli animali portò gli zingari a essere un caso di studio privilegiato attribuendo loro caratteristiche che, pur non avevano nulla di scientifico, attingevano però ad una serie di consolidati preconcetti nei loro confronti.

Nel 1914, durante il dibattito sull’opportunità di adottare, anche in Italia, il carnet anthropometrique, libretto contenente i caratteri antropometrici adottato in Francia per schedare i nomadi, un giudice napoletano, Alfredo Capobianco, scrisse un volumetto contenente “una descrizione degli zingari tutta incentrata sui loro vizi morali, sulla loro pericolosità e sul problema della loro inafferrabilità per via della vita nomade che essi conducevano”.

Questo scritto si inserì in un filone letterario, improntato a un’antropologia criminale di matrice positivista e legittimava tutta una serie di provvedimenti repressivi e detentivi di stampo razziale fondati su presupposti pseudo scientifici. “L’illuminato” magistrato proponeva, dunque, l’espulsione degli zingari dal territorio nazionale o, almeno, la loro schedatura secondo criteri antropometrici.

Una tale considerazione degli zingari è sopravvissuta nei manuali destinati alle forze dell’ordine e alla magistratura fino alla metà degli anni cinquanta del Novecento consolidando quel connaturato senso di diffidenza e timore nei confronti degli zingari che pure erano presenti nel nostro Paese da ormai cinquecento anni.

Pur in assenza di una specifica normativa penale, in Italia, questo persistente pregiudizio fece sì che molte norme contro la mendicità e il vagabondaggio, dotate di una ampia discrezionalità, furono in realtà adottate in chiave anti zingara.

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