domenica, Ottobre 5 2025

Con l’avvento del fascismo e con la necessità di dare a Roma una nuova immagine che ne richiamasse gli antichi fasti imperiali, nascono le “borgate ufficiali” di Tor Marancia, San Basilio, Tiburtino, Gordiani, Prenestina, Quarticciolo, Tufello, Acilia, Trullo, nelle quali collocare i cittadini sfollati dagli sventramenti del centro storico messi in atto dal regime e per dare risposta ai crescenti insediamenti abusivi che proliferavano nelle adiacenze dell’Urbe.

Nonostante questo imponente impegno edilizio le baracche non spariranno mai dal territorio di Roma e a queste si aggiungevano gli accampamenti degli zingari, in particolare, nella zona dell’Acquedotto Felice, anche perché durante il ventennio fascista questi furono esclusi sia dall’assegnazione delle case popolari che dall’inserimento nelle borgate ufficiali.

A complicare ulteriormente questa situazione di precarietà si aggiungevano le leggi contro l’urbanesimo che tendevano a scoraggiare la libera circolazione dei cittadini sul territorio nazionale in nome del recupero della dimensione rurale del Paese – a seguito di queste leggi, per stabilirsi in un luogo diverso da quello dove si aveva la residenza era necessario dimostrare di avere un lavoro e una abitazione –, e contro la mendicità che, come in passato, vennero adoperate in chiave anti zingara.

Neanche le leggi razziali del 1938 menzionavano o riguardavano esplicitamente gli zingari, anche se fu introdotta la pratica dell’internamento che prevedeva la reclusione in appositi campi per “le persone pericolosissime sia italiane che straniere di qualsiasi razza, capaci di turbare l’ordine pubblico e di commettere sabotaggi e attentati, nonché le persone italiane e straniere segnalate dai centri di spionaggio per immediato arresto”.

Le cose cambiarono dopo l’entrata in guerra dell’Italia. Con una circolare il Ministro degli Interni invitava tutti i Prefetti a espellere gli zingari stranieri e a internare in veri e propri campi di concentramento quelli italiani.

Non sono certi né il numero né l’identità delle vittime del genocidio degli zingari perpetrato nei lager tedeschi durante la Seconda guerra mondiale, ma nel 2001 il Comune di Roma ha apposto una targa in Via degli Zingari per ricordare questo dramma per troppo tempo rimasto sconosciuto.

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