venerdì, Aprile 19 2024

In una giornata di maggio, quella che il calendario segnava come Domenica 21, alle 16:51, mi trovavo in una sala festosa, circondato da parenti e amici radunati per la prima comunione di mio nipote. La Canon EOS R6 Mark II era in mano, impostata su 1/160 sec a f/2,0, ISO 2000, con un obiettivo Canon EF 35mm f/2,0 IS USM, pronta a immortalare i sorrisi, le strette di mano, gli abbracci che si dipanavano davanti ai miei occhi.

Tra i volti felici e le risate, uno in particolare attirava l’attenzione: mio nonno Uberto Serafini, l’anziano patriarca della famiglia, il quale, nonostante l’età e i capelli ingrigiti dal tempo, non aveva perso quel guizzo malizioso negli occhi che tanto lo contraddistingueva. E in quel momento, mi sorprese ancora. Con un semplice becco di carta, come quelli che si fanno da bambini, Uberto aveva deciso di regalare un po’ della sua follia gioiosa a tutti noi.

Era un gesto piccolo, forse insignificante per alcuni, ma che a me parlava tanto. In una società dove l’anzianità spesso viene sinonimo di solennità e riserbo, come può un uomo della sua statura scegliere di rompere gli schemi? Come può osare, giocare, ridere di gusto, in un momento così formale e significativo come quello di una prima comunione?

Mi soffermai a osservare come il nonno interagiva con i più piccoli, come la sua esuberanza fosse contagiosa, come avesse la capacità di ridurre le distanze generazionali con un semplice pezzo di carta. Mi domandai: quando abbiamo smesso di giocare? Quando abbiamo deciso che ci sono età appropriate per la serietà e età per il gioco?

Il nonno non si poneva queste domande. O forse sì, e aveva già trovato le risposte, quelle che noi ancora cercavamo. Forse, nel suo essere lì, con quel becco che gli sporgeva dal viso in un’espressione tra il comico e l’affettuoso, mi stava insegnando che la vita è troppo breve per non cogliere ogni occasione di felicità, per non ridere di cuore, per non essere genuinamente noi stessi.

Il click della macchina fotografica fu come un sigillo su quel momento, un modo per dire: “Ecco, questo è mio nonno, un uomo che non ha dimenticato come si fa a vivere”. Ogni volta che guardo quella foto, non posso fare a meno di sorridere e di sentire una profonda gratitudine per avere una figura come Uberto nella mia vita.

Voi che leggete, avete nella vostra vita qualcuno che vi ricorda di non prendervi troppo sul serio? Che con un gesto, un sorriso, può farvi dimenticare i pesi del quotidiano? E non pensate che ci sarebbe bisogno di più Uberti in questo mondo, persone che con un becco di carta possono trasformare una sala in un teatro di allegria pura?

In quel pomeriggio di maggio, con quella foto, ho catturato non solo l’immagine di mio nonno, ma ho racchiuso un pezzo di saggezza semplice e pura, quella che solo gli anziani con il cuore giovane possono trasmettere. E per questo, ogni scatto che faccio, ogni immagine che catturo, è un tributo a lui, al suo insegnamento, alla sua indomita gioia di vivere.

Impostazioni di scatto:

  • Camera: Canon EOS R6 mark II
  • Impostazioni: 1/160 sec  a f/2,0  ISO 2000
  • Obiettivo: Canon EF 35mm f/2,0 IS USM
  • Data di scatto: Domenica 21 maggio 2023, 16:51
  • Foto di Gabriele Pallai
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